Euricse per la valutazione dell’impatto sociale

22 Giugno 2016

Alla luce della Riforma è chiaro che il Terzo settore abbia bisogno di dotarsi di strumenti di rendicontazione e valutazione che servano a comunicare meglio con gli stakeholders e a portare alla luce le molteplici sfaccettature di impatto generato.  Ma in quale modo?  In Euricse stiamo lavorando già da qualche anno a metodologie e strumenti per rendicontare e valutare in modo completo, trasparente e con metodi condivisi dalle imprese sociali stesse, il valore sociale e l’impatto sociale prodotti. A giorni pubblicheremo il position paper illustrativo con riflessioni scientifiche maturate che contengono un nostro approccio metodologico. E nel frattempo riportiamo di seguito alcune riflessioni sul contesto elaborate da Sara Depedri, responsabile scientifico di questo filone di indagini.

 

tumblr_o8nz72jCIX1slhhf0o1_1280E’ approvato dall’Atto della Camera n.2617-B il Disegno di Legge in tema di “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale”. Si apre quindi ora la strada dei decreti legislativi e si attendono le indicate linee guida che il Ministero predisporrà nei prossimi mesi. Ma nell’attesa si comincia ad alimentare la riflessione sulle implicazioni che la legge avrà per l’ordinaria attività delle imprese di Terzo settore e si fanno più concrete tanto le soddisfazioni generali per i risultati raggiunti quanto anche le perplessità per alcuni possibili sviluppi futuri.

Uno dei punti in proposito più controversi ha riguardato l’impatto sociale, inizialmente incluso come tratto definitorio di un’impresa sociale e poi menzionato nella versione definitiva del testo del DDL come oggetto di valutazione dell’attività condotta. Su cosa giuridicamente si intende per impatto sociale troviamo esplicito riferimento all’art.7 comma 3, nel passaggio in cui si afferma che “Per valutazione dell’impatto sociale si intende la valutazione qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all’obiettivo individuato”. La complessità della valutazione e del suo processo è quindi chiara già in questa definizione, poiché inclusiva di molti elementi eterogenei espressione della qualità e della quantità del servizio, ma anche riconoscitiva del valore aggiunto che l’impresa sociale ha (e tutte le imprese sociali dovrebbero avere) nel territorio e per la comunità nel suo complesso.

Alla luce della riforma, e leggendo in particolare nel criterio direttivo di “prevedere obblighi di trasparenza  e di informazione, anche verso i terzi” è chiaro quindi che il Terzo settore in generale e la cooperazione sociale e l’impresa sociale in particolare abbiano bisogno di dotarsi di strumenti di rendicontazione e valutazione che non servano a far competere tra loro gli enti, ma a comunicare meglio con il proprio eterogeneo mondo di stakeholder e a portare alla luce le molteplici sfaccettature di impatto generato, permettendo quindi di parlare di un valore aggiunto, di un valore sociale prodotto accanto ad un chiaro valore economico. In quale modo? I modelli già utilizzati in alcuni contesti internazionali così come le sperimentazioni avviate a livello nazionale sono eterogenei, ma spesso a ciascuno sono associati punti di forza e di debolezza, nonché possibili rischi.

Per ora la legge non si esprime su un chiaro ed unico standard valutativo, ma assume tuttavia una definizione di impatto sociale che sembra evitare di ricadere –in fase di applicazione- in processi valutativi che soddisfino le sole prospettive dei finanziatori e rispondano a criteri limitati alle dimensioni di efficienza e a metodi di esclusiva monetizzazione del valore prodotto da un’impresa sociale. Come emerge leggendo oltre nel testo di legge, l’impatto sociale dovrà essere oggetto di standard utili -insieme a quelli di qualità- in sede di affidamento agli enti di Terzo settore dei servizi di interesse generale.

Saranno tuttavia le linee guida che il Ministero dovrà redigere nei prossimi mesi ad identificare con maggior chiarezza metodi e dimensioni della valutazione di impatto sociale. Passo questo che merita dunque grande attenzione per le implicazioni ben diverse che ne deriveranno per le imprese sociali -singolarmente e come sistema- in base agli standard di valutazione che verranno proposti e alla flessibilità di adozione degli stessi che verrà garantita. Qualora le linee guida espongano le imprese sociali a valutazioni attraverso specifici modelli di valutazione e indicatori rigidi di efficienza ed efficacia, si auspica gli stessi non saranno eccessivamente onerosi per le imprese stesse, ma terranno conto dei costi che alcuni modelli di rilevazione potrebbero avere e dell’incidenza degli stessi soprattutto per le piccole imprese sociali. Simile il rischio anche nel caso opposto in cui le linee guida si limitassero –come accaduto a livello comunitario con il GECES- ad elencare standard di valutazione tra cui scegliere, lasciando piena autonomia alle imprese sociali sul modello da presentare. Una eccessiva autonomia al sistema, se non sufficientemente controllata almeno dalle associazioni di rete, si potrebbe tradurre in diversità di modelli valutativi che non consentirebbero né di interpretare univocamente e comparare i risultati né di conseguenza di premiare le imprese sociali con maggior impatto sociale. Il rischio sarebbe ancora una volta a carico delle imprese sociali di piccole dimensioni o con minori margini di profitto (il che, in questo settore, non significa comunque inefficienti), per le quali un investimento in articolati modelli di valutazione potrebbe essere eccessivamente oneroso. La valutazione potrebbe dividere quindi le imprese sociali in imprese di prima o seconda categoria a seconda delle disponibilità economiche che le stesse sono pronte ad impiegare per costruire o esternalizzare a consulenti la costruzione di efficaci modelli di comunicazione del proprio impatto; non per gli impatti sociali generati e il valore sociale realmente prodotto per la propria comunità.

Nonostante i citati timori e per rispondere alle emergenti perplessità, come Euricse stiamo lavorando già da qualche anno a metodologie e strumenti per rendicontare e valutare in modo completo, trasparente e con metodi condivisi dalle imprese sociali stesse, il valore sociale e l’impatto sociale prodotti. Dopo una riflessione sulle metodologie attuabili, Euricse ha propeso per una propria posizione sulle soluzioni perseguibili e a giorni verrà pubblicato sul nostro sito il position paper illustrativo delle riflessioni scientifiche maturate. Dopo prime fasi sperimentali su campioni di cooperative sociali e alla luce delle esperienze di ricerca maturate negli anni, sono inoltre in corso processi di valutazione su cooperative sociali del Triveneto. Non ci si lascia quindi intimorire dal peso della valutazione, ma si cerca di intravvedere nella stessa potenziali per riflettere insieme sui risultati raggiunti, ma anche e soprattutto sugli obiettivi di miglioramento e sulle politiche gestionali e gli ecosistemi che possono sostenere e aumentare progressivamente l’impatto sociale del Terzo settore per la comunità.

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