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Quando la solidarietà è contagiosa
di Giulia Galera In questo post Giulia Galera racconta come è nata la ricerca e l'approfondimento "Sfida migratoria e imprese sociali tra ambiguità e innovazione" Sebbene il tema dei migranti mi appassioni da sempre, ho cominciato ad approcciarlo da un punto di vista scientifico solo recentemente. E’ stato un processo di avvicinamento al tema graduale e certamente non tempestivo, inizialmente sollecitato dagli incontri fortuiti con decine di giovani nord africani e di famiglie siriane in transito a Verona Porta Nuova. Migranti che ho incrociato nel corso dell’estate scorsa mentre tentavano invano di salire sui treni OBB diretti a Monaco di Baviera: tutti, quasi certamente, scampati ai controlli italiani -fino a poco tempo fa volutamente blandi- e bramosi di raggiungere altre mete, dove la maggior parte di loro già possiede una fitta rete di relazioni. Sono stati in particolare due gli incontri che mi hanno costretta a riflettere: il primo con un giovane richiedente protezione internazionale eritreo e il secondo con un titolare di protezione umanitaria pachistano. Il primo, iniziato con la narrazione impressionante della sua traversata del Mediterraneo, è finito con il ritrovamento dei miei cellulari, abbandonati dalla sottoscritta sbadatamente sul treno, da parte del giovane eritreo; il secondo si è concluso con una breve esperienza di micro-accoglienza del ragazzo pachistano, che mi ha dato l’opportunità di ascoltare da vicino il racconto di un viaggio interminabile, durato più di 4 mesi.
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