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Sfida migratoria e imprese sociali tra ambiguità e innovazione
Euricse Facts&Comments Giulia Galera Leggi anche come è nato questo approfondimento La crisi migratoria ha innescato un cortocircuito d’idee, progetti e iniziative che hanno creato profonde divisioni nella popolazione e hanno spinto molte organizzazioni del Terzo Settore ad espandere il proprio raggio di azione nel settore dell’accoglienza di rifugiati e richiedenti protezione internazionale. Numerose associazioni e cooperative sociali si sono attivate per sperimentare, in collaborazione con le comunità ospitanti, percorsi innovativi di accoglienza e inclusione attenti alle ricadute sulla comunità. Tuttavia, i meccanismi di selezione degli enti affidatari hanno anche contribuito ad alimentare un vero e proprio “business dell’accoglienza”, che ha consentito a molte imprese sociali, interessate principalmente ad aumentare il fatturato, di improvvisarsi in questo nuovo settore di attività senza dotarsi di lavoratori formati allo scopo. La possibilità di trarre significativi profitti  ha anche favorito la costituzione di cooperative sociali ad hoc, di dubbia competenza e prive di esperienza. Alla luce dell’entità e dell’irreversibilità del fenomeno migratorio, una riflessione sulle politiche e sui modelli di gestione dell’accoglienza è diventata imprescindibile e offre l’occasione per analizzare più da vicino i processi evolutivi delle imprese sociali, che negli ultimi vent’anni si sono fortemente differenziate al loro interno a seguito della loro maggiore o minore integrazione nel sistema di welfare. Se da un lato vi sono imprese sociali che, avendo mantenuto i legami con la società civile, riescono tuttora a cogliere e rispondere efficacemente ai nuovi bisogni sociali, dall’altra ve ne sono altrettante che hanno perso il contatto con la comunità, sono soggette a sempre più pesanti pressioni isomorfistiche e che talvolta assumono comportamenti opportunistici.
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